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Il Consiglio di Stato, con sentenza 470/2016, depositata il 5/2/2016, ha ribadito che in tema di delegificazione ai sensi dell'art. 17, co 2, l. 400/1988, le disposizioi regolamentari devono trovare "copertura" nei criteri fissari alla potestà regolamentare dalla legge di delegificazione. Ricorda pure come si tratti di "<<criteri>> da qualificare, con una più appropriata terminologia, come <<norme generali regolatrici>> ai sensi dell'art. 17, comma 2, l. n. 400 del 1988, le quali, secondo la giurisprudenza costtituzionale, assolvono ad una funzione delimitativa stringente della potestà regolamentare governativa nelle materie delegificate. Vedi sent. Corte cost. n. 303/2005".

Dunque, a maggior ragione, le Delibere del Comitato dei delegati di Cassaforense alle quali la legge abbia affidato il potere di ...

SI CONSIDERI POI LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 303/2005 (PURE CITATA DA LLA SENTENZA 470/2016 DEL CONSIGLIO DI STATO). Vi si legge ai punti 2 e 3 del "considerato in diritto":

"2. – La prima questione, concernente l'art. 3, comma 78, della legge n. 662 del 1996, non è fondata.
La Commissione tributaria rimettente basa i propri dubbi di illegittimità costituzionale sull'erronea premessa interpretativa che la denunciata norma di delegificazione, prevedendo il «riordino» degli aspetti fiscali della materia, consentirebbe al regolamento governativo anche l'individuazione dei soggetti passivi dell'imposta sulle scommesse relative alle corse dei cavalli, così violando l'art. 23 Cost.
Occorre al riguardo preliminarmente rilevare che questa Corte, a proposito dell'ipotesi analoga (sotto tale aspetto) di delega legislativa volta al «riordino» di una materia, ha più volte affermato che, «in mancanza di princípi e criteri direttivi che giustifichino la riforma» della normativa preesistente, la delega «deve essere intesa in un senso minimale, tale da non consentire, di per sé, l'adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo» (v. la sentenza n. 354 del 1998, richiamata dalle sentenze n. 66 del 2005 e n. 239 del 2003).
Nella specie, la norma censurata si limita a consentire all'autorità governativa di provvedere – con regolamento da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 – «al riordino della materia dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, per quanto attiene agli aspetti organizzativi, funzionali, fiscali e sanzionatori, nonché al riparto dei proventi», secondo i princípi elencati nella stessa disposizione. Contrariamente a quanto sostenuto dal rimettente, tale norma, non prevedendo alcuna specifica direttiva in ordine ai soggetti passivi di imposta, lascia immutata la disciplina legislativa concernente gli elementi strutturali del suddetto tributo e, quindi, impone al regolamento di delegificazione di mantenere gli stessi soggetti passivi indicati dalla legislazione preesistente. Resta di conseguenza esclusa la denunciata violazione del principio della riserva relativa di legge in tema di prestazioni patrimoniali imposte, sancito dall'art. 23 Cost., e degli altri evocati parametri costituzionali. Il giudice a quo aveva dunque l'obbligo di individuare i soggetti passivi dell'imposta in base alle leggi vigenti in materia.

3. – La seconda questione sollevata dalla stessa Commissione tributaria, concernente l'art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, è inammissibile.

La censura del rimettente si articola in diversi assunti, tra loro strettamente connessi, nessuno dei quali è motivato. Il giudice a quo omette, infatti, sia di esplicitare le ragioni per le quali ritiene di porsi in contrasto con l'unanime opinione dottrinale secondo cui (data anche l'evidente differenza semantica tra i termini “norma” e “principio”) le «norme generali regolatrici della materia» hanno, tendenzialmente, una funzione delimitativa più stringente rispetto ai «princípi e criteri direttivi»; sia di precisare le “norme generali regolatrici della materia” delegificata affette dal dedotto vizio di genericità e delle quali dovrebbe fare applicazione nel giudizio principale. Tali carenze rendono la questione inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza."


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