La sezione lavoro della Cassazione, con ordinanza 14187/2017, pubblicata il 7/6/2017, ha deciso che i permessi di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 non incidono negativamente nel computo delle ferie. In particolare, ha "CONSIDERATO ...
Che ciò di cui si discute è la limitazione della computabilità, ai fini delle ferie, dei permessi di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Che questa Corte nel decidere una analoga controversia relativa alla computabilità di detti permessi ai fini della tredicesima mensilità, rispetto alla quale analogamente che per le ferie e con rinvio all'art. 7 della legge 1204 del 1971 poi trasfusa nel d.lgs n. 151 del 2001, ha ritenuto che "la limitazione della computabilità (....) dei permessi di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in forza del richiamo operato dal successivo comma 4 all'ultimo comma dell'art. 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (abrogato dal d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, che ne ha tuttavia recepito il contenuto negli artt. 34 e 51), opera soltanto nei casi in cui essi debbano cumularsi effettivamente con il congedo parentale ordinario - che può determinare una significativa sospensione della prestazione lavorativa - e con il congedo per malattia del figlio, per i quali compete un'indennità inferiore alla retribuzione normale (diversamente dall'indennità per i permessi ex lege n. 104 del 1992 commisurata all'intera retribuzione), risultando detta interpretazione idonea ad evitare che l'incidenza sulla retribuzione possa essere di aggravio della situazione dei congiunti del portatore di handicap e disincentivare l'utilizzazione del permesso." (cfr. Cass. 07/07/2014 n. 15345).
Che il giudice di appello con argomentazioni conformi a quanto affermato da questa Corte nella richiamata sentenza ha ritenuto che nel caso specifico i permessi, accordati per l'assistenza al genitore portatore di handicap, concorressero nella determinazione dei giorni di ferie maturati dal lavoratore che ne ha beneficiato.
Che infatti, il diritto alle ferie assicurato dall'art. 36, u.c. garantisce il ristoro delle energie a fronte della prestazione lavorativa svolta, e che tale ristoro si rende nei fatti necessario anche a fronte dell'assistenza ad un invalido, che comporta un aggravio in termini di dispendio di risorse fisiche e psichiche.
Che inoltre sotto il profilo sistematico, determinante è la considerazione che i permessi per l'assistenza ai portatori di handicap poggiano sulla tutela dei disabili predisposta dalla normativa interna - ed in primis dagli artt. 2, 3, 38 Cost. - ed internazionale - quali sono la Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000 e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 3 marzo 2009, n. 18. Significativamente, la Convenzione ONU prevede il sostegno e la protezione da parte della società e degli Stati non solo per i disabili, ma anche per le loro famiglie, ritenute strumento indispensabile per contribuire al pieno ed uguale godimento dei diritti delle persone con disabilità (v. in particolare il punto x del preambolo e l'art. 19, punto b, art. 23, comma 3, art. 28, comma 1 e comma 2, lett. c).
Che ragioni di coerenza con la funzione dei permessi e con i principi indicati impongono quindi l'interpretazione della disposizione maggiormente idonea ad evitare che l'incidenza sull'ammontare della retribuzione possa fungere da aggravio della situazione economica dei congiunti del portatore di handicap e disincentivare l'utilizzazione del permesso stesso (soluzione che trova conforto nel parere n. 3389 del 9/11/2005 del Consiglio di Stato, richiamato dalla Corte d'appello)."
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